lunedì 28 novembre 2022

Il Mitreo di Marino

 

 Al pari di Roma (pal. Barberini) e Santa Maria Capua Vetere, anche Marino (Castelli romani) custodisce un interessantissimo Mitreo dedicato al culto pagano di Mitra, dio del cosmo, della luce e della guerra.

Mitra, divinità dell’induismo e della religione persiana, entra nella storia con l’espandersi dell’Impero romano nel 1° secolo d. C. portando con sé riti di iniziazione di natura esoterica, culturale e religiosi. Il dio era spesso accomunato ad Apollo o alla divinità  solare Elio. Il sacrificio caratteristico di questo culto era la tauroctomia  e cioè l’uccisione del toro.

La scoperta del Mitreo di Marino, sito dall’importante valore artistico ed  archeologico, avvenne in maniera assolutamente casuale nel 1960 durante uno scavo effettuato per la realizzazione di una cantina con annessa grotta per la conservazione del vino.

  Il Mitreo era stato realizzato con le caratteristiche costruttive delle cisterne romane: ricavato in una preesistente cisterna d’acqua con  volta a botte scavata  nella pietra locale, il Peperino, con pareti rivestite da intonaco di coccio pesto.

Sulle pareti laterali sono raffigurati i dadofori, Cautes con la fiaccola alzata verso il cielo e Cautopates con la fiaccola abbassata verso terra; sul pavimento restano ancora tracce dei podia per gli iniziati che assistevano ai riti misterici.

Sulle pareti, poi, rimangono piccole nicchie per l’alloggiamento di lucerne che servivano per l’illuminazione. La galleria così formata è lunga circa 30 metri e termina con un dipinto famosissimo e  ben conservato.

E’ rappresentato Mitra che vestito all’orientale con berretto frigio, tunica e calzoni rossi appare nel momento che taglia la gola ad un toro bianco ed un cane, un serpente e uno scorpione che partecipano alla uccisione dell’animale. Dalla coda del toro spuntano alcune spighe di grano, simbolo della rinascita della terra.

 

 







 

 

sabato 13 agosto 2022

UNA GITA FUORIPORTA - RIVODUTRI

 


  
  
  
E' un patrimonio ambientale naturale di grande bellezza, sede ideale per una gita o un weekend dedicati alla natura.  Sorgenti di acqua pura e limpida nella Riserva Naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile, in provincia di Rieti. Mulino ad acqua funzionante, percorsi nella natura, fauna ittica e finanche un presepe subacqueo.
 
 
Cascatelle di acqua fresca e limpida, il suono rigenerante e rilassante dell'acqua che scorre, vegetazione rigogliosa, cigni che fanno il bagno e pesci che guizzano visibili nella trasparenza dell'acqua. Definire le Sorgenti di Santa Susanna, a Rivodutri in provincia di Rieti, una meraviglia della natura è per una volta, senz'altro appropriato. Le sorgenti costituiscono un magnifico esempio di ricchezza ambientale ancora incontaminata, tanto da essere stato stato dichiarato patrimonio ambientale e monumento naturale dal 1977.

Le sorgenti fanno parte della Riserva naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile, e nascono nei pressi del paesino di Rivodutri, nella piana del Reatino, già dai tempi dei Romani se ne apprezzavano la bellezza e l'utilità. Citate da Varrone e Cicerone, nell'VIII Secolo il console Pipino il Breve vi fece costruire un mulino per produrre farina che ancora oggi è esistente e funzionante.

Sono tanti gli animali che frequentano le sorgenti. Dalla fauna ittica, trote, gamberi di fiume, visibili grazie alla eccezionale trasparenza dell'acqua, agli aironi cenerini ai cigni e gallinelle d'acqua che fanno il bagno. Passeggiando tra i sentieri pedonali genitori e bambini possono apprezzare il parco botanico, ammirare l'edicola votiva dedicata a Santa Susanna martire nei tempi dell'Imperatore Diocleziano, e ogni anno prima di Natale, il celebre presepe subacqueo che il Club Sommozzatori Rieti allestisce sui fondali con statue in vetroresina alte 1,30 metri visitabile fino all'inizio di gennaio. Con l'illuminazione dei fari e i riflessi generati dalle acque limpidissime della sorgente, lo spettacolo è di quelli che difficilmente si dimenticano. 


 

sabato 19 marzo 2022

Lapide quadrilingue a Palermo Castello della Zisa

LAPIDE QUADRILINGUE DI PALERMO - SIMBOLO DI CONVIVENZA PACIFICA E TOLLERANZA TRA I POPOLI
La Lapide quadrilingue (di appena 40 cm e databile fra il 1149 e il 1153) è una preziosa testimonianza della storica capacità della Sicilia di essere crocevia di popoli.
Si tratta di una lapide marmorea esagonale, ripartita in cinque riquadri, che ricorda in quattro lingue (giudeo-arabo in alto, latino a sinistra, greco a destra ed arabo in basso) la morte di Anna, la sua prima sepoltura nella cattedrale di Palermo nel 1148 e la sua traslazione, l’anno successivo, nella cappella funeraria fatta edificare dal figlio in San Michele.
Il riquadro centrale reca, inscritta entro un cerchio, una croce greca, realizzata con intarsi lapidei policromi, e le iniziali IC XC NI KA, “Gesù Cristo vince. Anna madre di Grisanto, prete del sovrano normanno Ruggero, morì nel 1148. Le date presenti nelle quattro versioni sono ciascuna con il computo del proprio calendario, corrispondenti al 1148 latino: 4904 ebraico, 6658 greco, 543 arabo.
Probabilmente la Lapide quadrilingue, a forma di esagono irregolare, costituiva l’estremità di un sarcofago. Testimonianza della molteplicità di culture della Palermo normanna, la lapide, per il fatto stesso di essere scritta in quattro lingue, riportando i diversi sistemi di datazione dei calendari in uso presso ciascuna comunità, e per la formula finale di invocazione di misericordia per coloro che leggono è assurta a simbolo di convivenza e tolleranza tra i popoli. Questo prezioso manufatto è conservato nel Museo d’arte islamica di Palermo, nel Castello della Zisa e raccoglie oggetti d’arte islamica della Sicilia e dell’area mediterranea, prodotti tra il IX e il XII secolo.