venerdì 24 aprile 2020

Matera capitale europea della cultura 2019 e patrimonio mondiale unesco



“Chiunque vede Matera non può non restarne colpito,
tanto espressiva e toccante è la sua dolente bellezza”
(Carlo Levi)




Ormai ci siamo, manca solo qualche settimana al 2019, anno in cui Matera sarà Capitale europea della cultura. Una data molto attesa per il meritato riconoscimento delle caratteristiche uniche di una città, questa volta meridionale e per l’aggiunta lucana, dopo che in passato il titolo è stato assegnato a Firenze Bologna e Genova.

L’evento non può che inorgoglirci e renderci fieri di avere nella nostra regione una città così bella, che ha mantenuto intatto il proprio fascino nella sua storia millenaria.

Conosciuta come "Città dei Sassi", Matera è una delle città più antiche al mondo: i suoi insediamenti abitativi risalgono a circa 10.000 anni fa. E’ seconda unicamente a Gerico che la supera di poco per vetustà. Nelle grotte attorno alla Gravina sono stati ritrovati oggetti che testimoniano presenze umane sin dal Paleolitico, mentre al Neolitico appartengono le tracce di più stabili insediamenti in villaggi e piccole comunità.

Il nucleo urbano originario, sviluppatosi nella Murgia, a partire dalle grotte naturali scavate nella roccia calcarea e successivamente modellate in strutture sempre più complesse, occupa i vasti spazi del Sasso Caveoso e del Sasso Barisano con al centro un’altura dove sorge La Civita, la cattedrale di Matera recentemente restaurata. Le primitive abitazioni sono state abitate senza interruzione dall'età del bronzo fino al completo abbandono negli anni cinquanta del secolo scorso. Fu con la pubblicazione di Cristo si è fermato ad Eboli che Carlo Levi fece spalancare gli occhi del mondo sulle precarie condizioni igienico-sanitarie e sociali degli abitanti dei Sassi. Matera, allora, fu posta al centro dell’attenzione nazionale ed internazionale stimolando le amministrazioni pubbliche all’emanazione di leggi speciali per il risanamento della zona e la realizzazione di un intervento urbanistico di grande importanza a seguito del quale l’intera comunità materana si spostò nell’attuale sede della città moderna, abbandonando le grotte dei Sassi per vivere in case moderne.
Le primitive abitazioni dei Sassi, abbandonate per decenni ed ora rivalutate, offrono al visitatore la possibilità di apprendere le abitudini e i modi di vita di quella comunità che Carlo Levi e Rocco Scotellaro idealizzarono nella loro poetica quale universo contadino e ancestrale.


La storia di Matera evidenzia tracce di civiltà e sovrapposizioni di culture diverse, da quella di matrice bizantina, a quella normanna, medioevale, rinascimentale e barocca, i cui stili architettonici ed urbanistici hanno plasmato la struttura rupestre della città, determinando complesse ed originali soluzioni che hanno reso unico il paesaggio urbano materano.
Non è un caso che Matera, per la tipicità e versatilità dei suoi ambienti, ha sempre offerto una perfetta scenografia a registi che hanno saputo valorizzare quei luoghi surreali, fiabeschi, senza tempo, raccontando storie di abbandono, di arretratezza o di profondo valore metafisico.
Tra i tanti, Carlo Lizzani ambientò nei Sassi nel 1949 “Cristo si è fermato ad Eboli”, raccontandoci di quel mondo contadino così ben descritto da Carlo Levi. Qui Pasolini girò il suo "Vangelo secondo Matteo" del 1964, affascinato dalla primitiva bellezza del luogo che lo proiettò nell’immaginario collettivo come la Gerusalemme del Sud.  
Anche Mel Gibson valorizzò quegli paesaggi che più gli ricordavano i luoghi della Palestina, immortalandoli nella sua opera "La Passione di Cristo" caratterizzata da forte potenza emotiva. Il famoso regista ricorda che ….”la prima volta che l’ho vista ho perso la testa perché era semplicemente perfetta”.
Ma la serie continua, è da poco uscito nelle sale cinematografiche il film Maria Maddalena del regista Garth Davis, interpretato da Rooney Mara, girato in gran parte nei rioni dei Sassi di Matera e nella vicina Gravina di Puglia. La figura di Maria di Magdala è qui inquadrata in un’inedita prospettiva e proposta come principale apostolo di Gesù.




Ma torniamo alla proclamazione di Matera a Capitale europea della cultura per il 2019.

E’ noto che il Consiglio dei Ministri europeo, da ormai un ventennio, assegna il titolo di Capitale Europea della Cultura ad una città che sia in grado di proporre alla valutazione di una commissione appositamente costituita, un programma di eventi culturali da organizzare nel corso dell'anno e in quelli immediatamente successivi, con il coinvolgimento del territorio regionale di riferimento. Il programma deve essere rivolto verso il futuro, con l’intento di valorizzare la storia su cui la città basa la propria identità culturale. E’ di importanza essenziale il carattere innovativo delle manifestazioni e/o realizzazioni programmate prevedendo forme che abbiano la capacità di favorire la creatività di artisti tanto locali quanto europei.
La commissione preposta alla valutazione del programma presentato da Matera è stata positivamente impressionata dalla vivacità e dall'innovazione dei contenuti, soprattutto, dal previsto coinvolgimento delle istituzioni e delle organizzazioni culturali, finalizzato al cambiamento degli usi e costumi della popolazione e dalla partecipazione della città e dei cittadini, ritenuta fondamentale a suscitare l’interesse della popolazione nazionale e di cittadini/turisti stranieri. Tra le attività che si vuole realizzare è l’ incremento del turismo da 200 mila a 600 mila visitatori annui. Le previsioni finanziarie sono considerevoli, è stato assegnato al progetto un budget di risorse finanziarie che in buona parte sono già state anticipate dalla Fondazione di partecipazione Matera –  Basilicata 2019, organismo appositamente costituito  nel settembre 2014 e  preposto ad attuare le attività programmate. La Fondazione avrà durata fino al dicembre 2022, anno in cui è prevista la completa realizzazione delle attività programmate.
Comunque ancor prima della fatidica data del 1° gennaio del prossimo anno Matera registra ampi flussi turistici di visitatori che non avevano mai avuto l’occasione di visitare la città o che vi ritornano con interesse. “The New York Times” l’11 gennaio ha pubblicato una statistica delle più belle mete turistiche mondiali in cui Matera, ed in genere la Basilicata, è tra le prime 52 del 2018. Anche il sito di prenotazioni turistiche Trivago ha analizzato oltre 200 milioni di recensioni di viaggiatori e Matera si è classificata ai primi posti del loro Global Reputation Ranking, come città con la migliore reputazione alberghiera tra le principali mete turistiche mondiali. L’incremento delle presenze turistiche già da ora fa sorgere la necessità di assicurare ai visitatori adeguate soluzioni abitative e di accoglienza anche con il coinvolgimento dei centri vicini che non dovranno e non potranno mancare di sfruttare l’occasione per accrescere le loro strutture ricettive.  
Per favorire la partecipazione alle varie attività che si svolgeranno in città è stata prevista la  possibilità di comprare un Passaporto dal costo di 19 Euro acquistabile online da settembre 2018 che darà diritto a partecipare agli eventi e alle iniziative programmate e visitare la città dei Sassi per tutto il 2019.
Tuttavia non dimentichiamo che Matera non è solo capitale europea della cultura per il 2019, ma dal 1993 è inserita dall’UNESCO nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
Tale riconoscimento è dovuto alla grande importanza che i Sassi e le Chiese rupestri di Matera rivestono per la storia dell’umanità, rappresentando un eccezionale esempio di insediamento rupestre adattatosi perfettamente nel corso dei millenni allo stato geomorfologico ed all’ecosistema del luogo e postosi in armonioso rapporto con l’ambiente.  La Commissione ha riconosciuto che l’insieme architettonico e paesaggistico ben illustra  le tappe della storia umana dalla preistoria ad oggi.

Ma la qualità che meglio e più caratterizza la città e quello che più ha determinato il prestigioso riconoscimento da parte  UNESCO, è il Sistema di Raccolta delle acque che ha consentito la sopravvivenza e lo sviluppo dell’insediamento materano nei millenni.
Le primitive comunità, infatti, hanno utilizzato preesistenti grotte in tufo, la cui struttura hanno ingrandito e modellato, scavando in profondità ed in pendenza, per consentire sia l’ingresso della luce che la raccolta delle acque piovane anche nei frequenti periodi di siccità. Successivamente tale comunità ha ingrandito le grotte facendone strutture  più complesse (i lamioni), coperte con tegole e canalette per lo scolo delle acque.  Le grotte, disposte su vari piani, sono state collegate  internamente con pozzi ed aperture per favorire il defluire delle acque nelle cisterne scavate a “campana” e collegate tra loro da canali e sistemi per filtrare l’acqua che, passando dall’una all’altra, veniva purificata. Canali orizzontali che convogliavano le acque piovane, inoltre, portavano l’acqua nei terrazzamenti e sui tetti delle case dove ogni minima superficie veniva sfruttata per coltivare giardini ed orti.
La raccolta delle acque ha visto i materani impegnati nel tempo in opere a volta colossali come testimoniano le cisterne tuttora perfettamente funzionanti che prendono il nome di Palombari, dal latino Plumbarius, cioè colui che rivestiva col piombo le condutture che portavano l’acqua dagli acquedotti alle fontane, alle case ed alle terme tramite fistulae, cioè tubi di piombo.
 La più grande cisterna idrica della città di Matera si trova sotto la centralissima piazza Vittorio Veneto. E’ il Palombaro Lungo. Oltre all’acqua piovana, nel palombaro veniva raccolta anche l’acqua proveniente da una fonte naturale situata sulla collina del Castello Tramontano. La realizzazione della cisterna risale al XIX secolo, ma è stata riscoperta soltanto nel 1991. La cisterna ha pareti in tufo rivestito di un particolare intonaco che lo rende impermeabile. Il prelievo  delle acque dal Palombaro lungo avveniva calando piccoli secchi da alcune aperture circolari poste sulla sommità. 








La lezione che l’UNESCO, con il riconoscimento tributato a questa millenaria città, ha inteso dare all’umanità è che l’uomo deve saper sfruttare in modo adeguato le risorse naturali offerte dalla natura, non disperdendole ma utilizzandole con parsimonia, come nel caso delle risorse idriche, preziose ed indispensabili alla sopravvivenza della specie umana, grazie ad opere idrauliche intelligenti e adatte al contesto ambientale ed urbano.


Pubblicato anche sul notiziario "L'Orizzonte"  Anno XXV N. 2 di San Chirico Raparo (Pz)
                     
                                                                                    Pino Ferrara
 



IL LAMENTO PER IL SUD




La luna rossa, il vento, il tuo colore
di donna del Nord, la distesa di neve ...
Il mio cuore è ormai su queste praterie
in queste acque annuvolate dalle nebbie.
Ho dimenticato il mare, la grave
conchiglia soffiata dai pastori siciliani,
le cantilene dei carri lungo le strade
dove il carrubo trema nel fumo delle stoppie,
ho dimenticato il passo degli aironi e delle gru
nell’aria dei verdi altipiani
per le terre e i fiumi della Lombardia.
Ma l’uomo grida dovunque la sorte d’una patria.
Più nessuno mi porterà nel Sud.
Oh il Sud è stanco di trascinare morti
in riva alle paludi di malaria,
è stanco di solitudine, stanco di catene,
è stanco nella sua bocca
delle bestemmie di tutte le razze
che hanno urlato morte con l’eco dei suoi pozzi
che hanno bevuto il sangue del suo cuore.
Per questo i suoi fanciulli tornano sui monti,
costringono i cavalli sotto coltri di stelle,
mangiano fiori d’acacia lungo le piste
nuovamente rosse, ancora rosse, ancora rosse.
Più nessuno mi porterà nel Sud.
E questa sera carica d’inverno
è ancora nostra, e qui ripeto a te
il mio assurdo contrappunto
di dolcezze e di furori,
un lamento d’amore senza amore.
Salvatore Quasimodo






mercoledì 22 aprile 2020

LA TESTIMONIANZA DEL MARTIRIO DI SAN QUIRICO[1] NEGLI AFFRESCHI DI SANTA MARIA ANTIQUA AL FORO ROMANO



 


Il turista che si reca al Foro romano lo fa perché spinto dal desiderio di immergersi in un luogo esistente da oltre duemila anni dove sono racchiusi i più antichi monumenti di carattere sacro e civile attribuiti dalla tradizione ai re di Roma. Un viaggio nella storia di una grande civiltà fatta di cultura, arte e regole giuridiche che hanno formato il carattere di intere generazioni, di molte civiltà del mondo. In quel luogo rimangono in una immobilità assoluta gli stessi templi, le stesse colonne, le stesse mura della città eterna, preservati dalla completa rovina da un Tempo che ha mostrato clemenza per quella magnificenza che spesso supera anche la nostra immaginazione.
Nel camminare tra quei cardi e decumani solcati ancora dalle tracce dei carri si avverte una indicibile emozione e “ci si sente compenetrati dai grandi decreti del destino”(Goethe).

Immersa nel Foro troviamo Santa Maria Antiqua, definita la Cappella Sistina del Medioevo, da poco restaurata e dalla primavera scorsa aperta al pubblico; essa rappresenta una delle principali attrazioni del luogo per lo straordinario patrimonio di affreschi che costituiscono una testimonianza unica dell’arte cristiana dei primi secoli dopo Cristo.
E’ stata ricavata nel VI - VII secolo in un complesso di ambienti di rappresentanza costruiti ai piedi del colle Palatino che introducevano attraverso una monumentale rampa alla residenza imperiale di Domiziano. Da subito la basilica assunse una grande importanza nel Foro, nel cuore della Roma pagana che andava via via trasformandosi in un luogo cristiano e arricchendosi di un patrimonio unico di affreschi, sculture e dipinti. Celebre è quello della Vergine, nel tempo molto venerato, presente in Santa Maria Antiqua di cui Giovanni VII (papa dal 705 al 707) fece la sua cappella personale.
Nell’847 un forte terremoto rese inagibile la basilica seppellendola con una spessa coltre di macerie. Il lungo sonno durò oltre un millennio e solo all’inizio del secolo scorso essa fu riportata alla luce ed avviata ad un lungo restauro. Il tragico evento tellurico fu però clemente con essa; inoltre la copertura di terriccio e macerie degli edifici sovrastanti preservò le strutture portanti e il patrimonio artistico della basilica.




La cappella a sinistra dell’abside è molto suggestiva e custodisce un affresco che mi procura forte emozione; rappresenta il martirio San Quirico e di Santa Giulitta, sua madre.
Fu costruita verso la metà dell’VIII secolo da Teodoto, ricco ufficiale della corte di Diocleziano. Un tempo era ricoperta di marmo, successivamente la pietra fece spazio al muro affrescato con la rappresentazione del brutale martirio dei santi.

Abito nella città metropolitana di Roma da oltre quarant’anni ed il Foro romano costituisce per me, fra l’altro appassionato di archeologia, una delle mete preferite. Da un po’ di tempo mi dirigo spedito alla basilica di Santa Maria Antiqua per ammirare ancora una volta gli affreschi in essa custoditi ed in particolare quelli rappresentanti il martirio dei santi Quirico e Giulitta.
Perché mai tanto interesse?
Sono nato a San Chirico Raparo in Basilicata e nella mia infanzia ho sempre sentito raccontare del martirio di San Quirico da mia nonna e mia madre, che me ne hanno trasmesso il culto. Il Santo è uno dei patroni del paese, venerato con devozione non solo da tutta la cittadinanza  ma anche da coloro che, emigrati per ragioni di lavoro e sparsi per il mondo, custodiscono nel loro cuore l’amore per questo piccolo martire, la cui celebrazione ricorre il 15 luglio.
Nei miei viaggi in Italia ho spesso incontrato località e luoghi di culto con nomi tipo Quirico o Chirico in cui sono presenti testimonianze della devozione verso il Santo per cui mi sono reso conto di quanto essa sia diffusa e sentita.
Quindi la venerazione per questo piccolo testimone della fede cristiana fa parte di me e una grande commozione mi pervade nel guardare l’affresco del martirio di Quirico e Giulitta, sua madre, in cui la scena dell’uccisione del bimbo è resa col più crudo realismo. Quirico, bambinetto di pochi anni, viene violentemente scaraventato a terra con estrema brutalità dal carnefice sotto lo sguardo impietrito di Giulitta.
La realistica testimonianza dell’affresco tardo medioevale rafforza quello che è codificato nel Martirologio romano [2] e i racconti tramandati oralmente nel corso dei secoli.
La storia ci racconta di Giulitta, di fede cristiana, e Quirico, madre e figlio, ancora infante, i quali, per sfuggire alla persecuzione di Diocleziano nel 303 d. C., si rifugiarono a Tarso nell’Asia minore. Giulitta, essendo di nobili origini, fu condotta dinnanzi al tribunale del proconsole Alessandro che tentò in tutti i modi di farle abiurare la propria cristianità. La nobildonna resistette e subì percosse e maltrattamenti cui assistette Quirico che, nel vedere la madre così torturata, scoppiò a piangere. Alessandro provò a calmarlo e a servirsene per costringere la madre a rinnegare il proprio credo. Il bambino, di soli tre anni, inspiegabilmente e miracolosamente, iniziò a parlare affermando di essere anche lui cristiano e, nel tentativo di difendere la madre, colpì con pugni e graffi Alessandro. Colto da funesta ira, il proconsole lo scaraventò a terra fracassandogli il cranio ed uccidendolo sul colpo. La donna, pur impietrita dall’orrore e dal dolore, ringraziò Dio di aver fatto di suo figlio un martire, forse il più giovane tra le migliaia di cui poi il Martirologio romano darà conto.
Successivamente Giulitta venne decapitata ed il suo corpo e quello di Quirico furono nascosti in un luogo segreto, svelato solo dopo l’editto di Costantino che nel 313 riconobbe alle comunità cristiane piena libertà di culto e parità di diritti nei confronti tutte le altre comunità dell’Impero.

Pubblicato anche su L'ORIZZONTE Anno XXV Numero 2

[1]  Chirico, Quirico, Ciriaco, Quiriaco sono derivazioni del nome greco Kyrios + akos (consacrato al Signore) e    danno nome a centinaia di località e luoghi di culto diffusi sull’intero territorio nazionale, in particolare sulla Via Francigena.

[2] Il Martirologio romano è un testo in cui sono riportate le vite dei santi e dei beati nonché i giorni ad essi dedicati per le celebrazioni liturgiche.