lunedì 17 marzo 2008

Craco in Basilicata

"CRACO, sprofondata su se stessa, ma non nell’oblio …"

Il borgo antico di Craco (prov. Matera – Basilicata) continua a suscitare l’interesse di turisti e visitatori che ne sfidano la fatiscenza, attratti dai dirupi, dalle voragini, dagli anfratti, dalle finestre sbattute dal vento e dagli ambienti diroccati, valorizzati da toni, colori, luci e ombre che disegnano la natura di un paesaggio già di per se mozzafiato.

Il numero di National Geographic di marzo 2008, attualmente in edicola, pubblica l’interessante reportage sull’affascinante storia di un fiorente paese sprofondato, abbandonato e costretto a modificare la sua identità.

Nei primi anni del 1960 una grande frana provoca ovunque smottamenti, cedimenti strutturali e crolli. Il paese nel giro di pochi giorni è del tutto abbandonato.
Un esodo biblico, l’addio alle cose più care, alle case degli avi, ai ricordi di una vita. Destino crudele!

Ho udito storie tristissime: portavano via con sé i propri morti, lontano in luoghi più sicuri in cerca di una pace che non avrebbero più avuta.

Le cose ancora non sono state completamente accertate. Forse la costruzione dell’acquedotto che ha causato grosse infiltrazioni negli strati argillosi del sottosuolo, forse il bradisismo provocato dagli scavi di pozzi per l’estrazione del gas metano dalla vicina Ferrandina. Forse, chissà, il destino che si accanisce sempre sugli stessi: gli stessi a cui l’alluvione del 1979 ed il terremoto del 1980 dovrà dare il colpo di grazia.

Da un po’ di tempo, però, Craco grazie al suo fascino di città “morta” ha destato l’interesse di registi e cineasti che in quei posti diruti hanno registrato scene di film di grande successo.Francesco Rosi girò parte di “Cristo si è fermato ad Eboli”; i Fratelli Taviani, il “Il sole anche di notte”, Lina Wertmuller , “Ninfa Plebea” e più di recente Mel Gibson ha girato scene dell’impiccagione di Giuda.

In conclusione, Craco non vuole sprofondare del tutto e la Basilicata, cuore segreto del profondo Sud di Italia, fa bene a considerarlo un ricco giacimento culturale più che quelli di petrolio della Val d’Agri che tante speranze per lo sviluppo di quella terra avevano suscitato.

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