Una bellissima visita domenicale in
città ha offerto un’immersione nella storia di Roma e l’incontro imprevisto
di un falco, forse un lontano discendente di ben più illustri rapaci che qui erano
di casa e a completo loro agio. (vedi le
altre foto in fondo).
Nell’ampia spianata
della Valle Murcia ai piedi, da un lato, del colle Palatino e, dall’altro, dell’Aventino,
sorge l’area archeologica del Circo
Massimo.
Esso fu fondato da
Tarquinio Prisco e costituisce il più grande edificio per lo spettacolo dell’antichità.
Qui si svolgevano manifestazioni pubbliche di ogni tipo, competizioni ippiche,
cacce con animali esotici, rappresentazioni teatrali, processioni religiose e
trionfali. Si estendeva su un area di 600 mt. per 200, con una capacità di
250.000 posti. Fu completamente distrutto nel 64 d.c. dall’incendio di cui fu
incolpato (ingiustamente?) Nerone. Egli
stesso, però, qualche decennio dopo lo ricostruì parzialmente.
Il Senato, per la celebrazione
della vittoria di Vespasiano e Tito, dotò lo stadio di un arco a tre fornici.
Dell’arco trionfale si sono salvate dalle ingiurie del tempo qualche tronco di
colonna ed alcune lastre di marmo che recano ancora indecifrabili iscrizioni
Sul lato curvo dove
sorgeva la cavea, oggi svetta una costruzione medioevale: la Torre Moletta. Fu chiamata così perché ad
essa fu addossato uno dei tanti mulini che sorsero nell’area de circo per
sfruttare per le loro macine la corrente delle ruscello detto Acqua Mariana il
cui corso, nel XIII secolo, fu convogliato nell’area del circo.
Ai piedi della Torre
sono oggi visibili gli unici reperti del Circo Massimo: le gradinate della
cavea con ambienti affiancati, in origine di tre piani. Verso l’esterno sono i
resti della strada basolata che girava intorno a tutta l’area nonché una grande
vasca in travertino forse utilizzata come abbeveratoio, ed alcune stanze
utilizzate come botteghe, lavanderie o locande.
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