mercoledì 22 aprile 2020

LA TESTIMONIANZA DEL MARTIRIO DI SAN QUIRICO[1] NEGLI AFFRESCHI DI SANTA MARIA ANTIQUA AL FORO ROMANO



 


Il turista che si reca al Foro romano lo fa perché spinto dal desiderio di immergersi in un luogo esistente da oltre duemila anni dove sono racchiusi i più antichi monumenti di carattere sacro e civile attribuiti dalla tradizione ai re di Roma. Un viaggio nella storia di una grande civiltà fatta di cultura, arte e regole giuridiche che hanno formato il carattere di intere generazioni, di molte civiltà del mondo. In quel luogo rimangono in una immobilità assoluta gli stessi templi, le stesse colonne, le stesse mura della città eterna, preservati dalla completa rovina da un Tempo che ha mostrato clemenza per quella magnificenza che spesso supera anche la nostra immaginazione.
Nel camminare tra quei cardi e decumani solcati ancora dalle tracce dei carri si avverte una indicibile emozione e “ci si sente compenetrati dai grandi decreti del destino”(Goethe).

Immersa nel Foro troviamo Santa Maria Antiqua, definita la Cappella Sistina del Medioevo, da poco restaurata e dalla primavera scorsa aperta al pubblico; essa rappresenta una delle principali attrazioni del luogo per lo straordinario patrimonio di affreschi che costituiscono una testimonianza unica dell’arte cristiana dei primi secoli dopo Cristo.
E’ stata ricavata nel VI - VII secolo in un complesso di ambienti di rappresentanza costruiti ai piedi del colle Palatino che introducevano attraverso una monumentale rampa alla residenza imperiale di Domiziano. Da subito la basilica assunse una grande importanza nel Foro, nel cuore della Roma pagana che andava via via trasformandosi in un luogo cristiano e arricchendosi di un patrimonio unico di affreschi, sculture e dipinti. Celebre è quello della Vergine, nel tempo molto venerato, presente in Santa Maria Antiqua di cui Giovanni VII (papa dal 705 al 707) fece la sua cappella personale.
Nell’847 un forte terremoto rese inagibile la basilica seppellendola con una spessa coltre di macerie. Il lungo sonno durò oltre un millennio e solo all’inizio del secolo scorso essa fu riportata alla luce ed avviata ad un lungo restauro. Il tragico evento tellurico fu però clemente con essa; inoltre la copertura di terriccio e macerie degli edifici sovrastanti preservò le strutture portanti e il patrimonio artistico della basilica.




La cappella a sinistra dell’abside è molto suggestiva e custodisce un affresco che mi procura forte emozione; rappresenta il martirio San Quirico e di Santa Giulitta, sua madre.
Fu costruita verso la metà dell’VIII secolo da Teodoto, ricco ufficiale della corte di Diocleziano. Un tempo era ricoperta di marmo, successivamente la pietra fece spazio al muro affrescato con la rappresentazione del brutale martirio dei santi.

Abito nella città metropolitana di Roma da oltre quarant’anni ed il Foro romano costituisce per me, fra l’altro appassionato di archeologia, una delle mete preferite. Da un po’ di tempo mi dirigo spedito alla basilica di Santa Maria Antiqua per ammirare ancora una volta gli affreschi in essa custoditi ed in particolare quelli rappresentanti il martirio dei santi Quirico e Giulitta.
Perché mai tanto interesse?
Sono nato a San Chirico Raparo in Basilicata e nella mia infanzia ho sempre sentito raccontare del martirio di San Quirico da mia nonna e mia madre, che me ne hanno trasmesso il culto. Il Santo è uno dei patroni del paese, venerato con devozione non solo da tutta la cittadinanza  ma anche da coloro che, emigrati per ragioni di lavoro e sparsi per il mondo, custodiscono nel loro cuore l’amore per questo piccolo martire, la cui celebrazione ricorre il 15 luglio.
Nei miei viaggi in Italia ho spesso incontrato località e luoghi di culto con nomi tipo Quirico o Chirico in cui sono presenti testimonianze della devozione verso il Santo per cui mi sono reso conto di quanto essa sia diffusa e sentita.
Quindi la venerazione per questo piccolo testimone della fede cristiana fa parte di me e una grande commozione mi pervade nel guardare l’affresco del martirio di Quirico e Giulitta, sua madre, in cui la scena dell’uccisione del bimbo è resa col più crudo realismo. Quirico, bambinetto di pochi anni, viene violentemente scaraventato a terra con estrema brutalità dal carnefice sotto lo sguardo impietrito di Giulitta.
La realistica testimonianza dell’affresco tardo medioevale rafforza quello che è codificato nel Martirologio romano [2] e i racconti tramandati oralmente nel corso dei secoli.
La storia ci racconta di Giulitta, di fede cristiana, e Quirico, madre e figlio, ancora infante, i quali, per sfuggire alla persecuzione di Diocleziano nel 303 d. C., si rifugiarono a Tarso nell’Asia minore. Giulitta, essendo di nobili origini, fu condotta dinnanzi al tribunale del proconsole Alessandro che tentò in tutti i modi di farle abiurare la propria cristianità. La nobildonna resistette e subì percosse e maltrattamenti cui assistette Quirico che, nel vedere la madre così torturata, scoppiò a piangere. Alessandro provò a calmarlo e a servirsene per costringere la madre a rinnegare il proprio credo. Il bambino, di soli tre anni, inspiegabilmente e miracolosamente, iniziò a parlare affermando di essere anche lui cristiano e, nel tentativo di difendere la madre, colpì con pugni e graffi Alessandro. Colto da funesta ira, il proconsole lo scaraventò a terra fracassandogli il cranio ed uccidendolo sul colpo. La donna, pur impietrita dall’orrore e dal dolore, ringraziò Dio di aver fatto di suo figlio un martire, forse il più giovane tra le migliaia di cui poi il Martirologio romano darà conto.
Successivamente Giulitta venne decapitata ed il suo corpo e quello di Quirico furono nascosti in un luogo segreto, svelato solo dopo l’editto di Costantino che nel 313 riconobbe alle comunità cristiane piena libertà di culto e parità di diritti nei confronti tutte le altre comunità dell’Impero.

Pubblicato anche su L'ORIZZONTE Anno XXV Numero 2

[1]  Chirico, Quirico, Ciriaco, Quiriaco sono derivazioni del nome greco Kyrios + akos (consacrato al Signore) e    danno nome a centinaia di località e luoghi di culto diffusi sull’intero territorio nazionale, in particolare sulla Via Francigena.

[2] Il Martirologio romano è un testo in cui sono riportate le vite dei santi e dei beati nonché i giorni ad essi dedicati per le celebrazioni liturgiche.

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