venerdì 9 novembre 2007

Cellulari


C E L L U L A R I


(racconto di Pino Ferrara, 9/2001)

Ai miei tempi il telefono era un oggetto nero di bachelite - collegato al muro tramite un cavo, con un corpo centrale, un disco combinatore con dieci fori numerati ed una cornetta posata su di una forcella che fungeva da interruttore - cui era riservato un posto di rilievo nell'arredamento.

Negli anni cinquanta si era diffuso a macchia d'olio nelle case degli italiani. e si usava prevalentemente la domenica per mettersi in contatto con i parenti lontani, attraverso il "centralino" dove cortesi signorine collegavano il chiamante e dopo tre minuti, con fare suadente proponevano: "Raddoppia"? per accertarsi se si avesse l'intenzione di continuare o salutare.

Il telefono era uno strumento collettivo, familiare. Le telefonate erano corali. Si telefonava per sentire tutti i componenti della famiglia, per avere loro notizie, per sentirsi loro vicini. Poi si passava il ricevitore a chi ti stava vicino perché anche egli salutasse e desse notizie di sè.

Adesso il vecchio, caro telefono sta per andare in pensione. Come tante altre cose anch'esso è stato sorpassato dagli strumenti di questa società tecnologica.

Il telefono oggi si è trasformato in un bene di consumo, in un oggetto personale, non più fisso ma portatile, miniaturizzato, tanto piccolo che lo puoi nascondere in tasca come ti pare, che ti accompagna dappertutto. Puoi usarlo per parlare o anche per inviare messaggi scritti su un piccolo ma capiente visore.

Con l'avvento dei cellulari puoi comunicare con chi vuoi, quando ti pare, dovunque sei, evitando quelle situazioni angosciose alla ricerca di un telefono libero, se c'è l'urgenza di comunicare qualcosa.

Con il cellulare, che riesce pure a collegarsi con il satellite, puoi telefonare anche in capo al mondo, nell'emisfero opposto, in pochi secondi.

In buona sostanza il telefono cellulare è divenuto un giocattolo tecnologico.

Ma dopo la festosa accoglienza che si riserva a tutte le novità, il cellulare ha cominciato ad evidenziare alcune caratteristiche che forse erano state sottovalutate. Quelle che si ritenevano vantaggi ora per vari versi si rivelano caratteristiche non proprio piacevoli. In alcuni casi il nuovo oggetto si sta rilevando un vero e proprio tormentone.

Oggi il cellulare si è impadronito di noi, non ti da più tregua, ti scova ovunque e non c'è certezza del luogo dove si trova il tuo interlocutore. Prima di iniziare a parlare sei costretto a fare alcune premesse, hai bisogno di stabilire le "coordinate della comunicazione". Hai bisogno di chiedere: Dove ti trovi? hai bisogno di dire: "Io, invece, sono in tale posto". Prima lo sapevi dove finiva la tua voce! Spesso capita di parlare con qualcuno che, ironia della sorte, si trova a pochi passi da te.

Quello che non sopporto dei cellulari è la prepotenza con cui sembrano invadere la vita di tutti i giorni, calpestando la privacy individuale. Non c'è tregua, in qualunque momento, in qualunque luogo sei raggiungibile, non puoi sottrarti allo squillo infame che ti sorprende qualunque cosa tu stia facendo, anche la più segreta.

Avrete di sicuro provato la spiacevole sensazione che si prova nel ricevere la telefonata del vostro capufficio mentre state facendo la doccia o quando lo squillo della vostra bella vi raggiunge mentre voi prosaicamente siete concentrati nell'atto di masticare una fiorentina al sangue.

E che dire dell'angoscia che vi prende quando sentite squillare disperatamente il vostro cellulare e non riuscite a capire da dove viene il suono? Vi tastate dappertutto, forse è nel taschino dei pantaloni, forse nel posto più sperduto della borsa d'ufficio, sepolto tra le carte e le matite, forse chissà dove …

L'uso del cellulare in treno, poi, sta diventando una vera mania ed uno spiacevole fastidio per chi cerca di sfuggire alla monotonia di quei momenti, immergendosi nella piacevole lettura di un buon libro. Niente da fare, squilli di tutti i generi che ti assalgono da ogni parte. Ce n'è un campionario senza fine, trilli, rumori, sirene, musichette allegre o impegnate, da l'ottava di Beethoven al Ponte sul fiume Kwai, dalla Marsigliese alla Piccola serenata notturna, dal Valzer delle candele all'Internazionale, ce n'é per tutti i gusti.

E poi le telefonate che sei costretto ad ascoltare, tuo malgrado: "Pronto, sono sul treno, e tu dove sei? Pronto, alza la voce, non sento. Dove hai detto che sei? Ah sei sul mio stesso treno … E giù banalità del genere urlate da un capo all'altro del convoglio.

Poi c'è il cellularomane snob. Lo si riconosce subito! A lui il cellulare non squilla, vibra. E' quello che con fare disinvolto estrae dalla cintola un mini - mini telefono con i numerini microscopici, croce e delizia dei presbiti e, senza darlo a vedere, lo accosta all'orecchio ed ascolta. Semplicemente ascolta, senza pronunziare neanche una sillaba. Lui ha l'aria assorta di chi stia facendo un corso serale di trasmissione a distanza del pensiero, ma chi gli sta vicino percepisce chiaramente la disperazione del malcapitato che dall'altro capo del telefono continua a ripetere con voce sempre più alta: Pronto! Pronto! Disperatamente pronto!

Tra le scene più singolari cui mi è capitato di assistere nel treno Roma - Ciampino - percorrenza 15 minuti da stazione a stazione - una telefonata interminabile che pareva una confessione, durata tutto il percorso. Proprio una confessione, perché al telefonino c'era un distinto prelato in cleridgeman che con fare sommesso continuava a ripetere: No! Questo non si fa, non va bene! Abbi fiducia e vedrai … No! Devi credermi e sperare …. Assitevo, mio malgrado, e con un certo imbarazzo alla conversazione pensando che si trattasse di una vera confessione. Ho creduto per un momento che questi mezzi tecnologici stessero mandando in pensione anche il vecchio confessionale.

(riproduzione vietata)

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