Da tempo Roma si è arricchita di una
infinità di murales, opere di artisti straordinari, famosi e non, che la hanno
trasformato alcune sue strade in un grande museo a cielo aperto.
Il fenomeno è talmente diffuso e le opere
sparse nel territorio urbano sono talmente tante che addirittura la società
giapponese Toyota se ne è fatta interprete realizzando un’apposita app per
smartphone che guida il turista ai luoghi di maggior interesse.
La realizzazione di murales ad opera di
artisti, ben noti agli appassionati di arte, che a Roma continuano a firmare i
loro capolavori con pseudonimi - Lucamaleonte, Blu, Diavù, Sam3, Ali-cè,
Iacurci - è definita Street Art.
I Murales sono dipinti realizzati su un’ampia
superficie, una parete, un edificio o un muro, rappresentanti motivi
allegorici, satirici o di carattere politico.
Originariamente nati in America latina,
principalmente in Messico come libere espressioni di protesta contro il potere
dominante, nel tempo hanno sempre più assunto valore estetico, talvolta valore
sociale. I Murales, che in qualche modo
ricordano gli affreschi delle nostre cattedrali, sono realizzati con diverse
tecniche, con pigmenti direttamente applicati sull’intonaco fresco, o a volte,
stendendo vernici o altre pitture acriliche sulle superfici dei muri.
Gli affreschi da sempre vengono realizzati
con intenti comunicativi e/o didascalici, per far giungere alla popolazione
messaggi religiosi o politici facilmente comprensibili.
Il mio viaggio, armato della mia inseparabile
reflex Canon, si snoda tra i quartieri del Quadra-ro, di Tormarancia e di
Testaccio, quartieri popolosi e popolati del suburbio Romano che, salvati dalla
fatiscenza e dall’abbandono, vengono ora, grazie anche all’apporto della Street
Art, valorizzati e restituiti agli abitanti.
Al quartiere Quadraro, tra via dei
Lentuli, via dei Quintili e Porta Furba ha sede il MURo – Museo di Urban Art di
Roma, nato dal progetto dell’artista Davide Vecchiato, in arte Diavù, che si
propone di realizzare un vero e proprio museo a cielo aperto arricchendo e
valorizzan-do il contesto urbano. Attualmente comprende 20 opere realizzate da
artisti di tutto il mondo nel rispetto delle caratteristiche e l'identità del
territorio che le ospita.
A Tor Marancia sulle facciate di
undici palazzine di un unico comprensorio di case popolari, venti artisti,
provenienti da diversi paesi, hanno realizzato dipinti murali monumentali.
Quest’opera è stata resa possibile grazie al
progetto Big City Life per la riqualificazione urbana, finalizzata a
trasformare la borgata romana in un distretto di arte pubblica e contem-poranea
unico al mondo. Il costo è stato sostenuto economicamente da Roma Capitale-
Assessorato alla Cultura - con il coinvolgimento delle scuole e delle
associazioni di quartiere ed ora affidate alla orgogliosa custodia dei
cittadini coinvolti in questo progetto.
L’ultimo quartiere visitato, sempre a caccia
di murales, è stato l’Ostiense nella zona compresa tra Piramide e San
Paolo ed in particolare in via dei Magazzini generali, del Gazometro e dei
Mercati generali.
Anche qui un progetto di valorizzazione e
promozione del quartiere come luogo della contemporaneità e dell’archeologia
industriale dove opifici industriali degli anni trenta, ormai in disuso ed
abbandonati alla loro fatiscenza, convivono con murales di ogni sorta. Vere
opere d’arte che ridanno vita al paesaggio urbano, interpretandone la storia e
lo spirito. A conferma dello stretto rapporto dell'ogetto rappresentato nel dipinto murale con l'ambiente culturale del luogo, è la grande rappresentazione della Lupa, simbolo di Roma, sulle mura del palazzo dove ha
sede l’associazione sportiva della squadra di calcio cittadina.
Street Art Ostiense District, promotore del
progetto, nato da una iniziativa di Pescerosso, agenzia di comunicazione e
della galleria d’arte contemporanea 999, valorizza e promuove come luogo di
arte contemporanea il quartiere Ostiense che, sebbene ricco di molti punti di
interesse, raramente è inserito nei circuiti turistici.
A proposito di murales e della ragion d'essere di questo tipo di arte apprendo che in
occasione della mostra dedicata alla Sreet Art tenutasi a Palazzo Pepoli a
Bologna nel che marzo 2014 l’artista Blu ha inscenato una forte protesta per
l’esposizione non autorizzata di tre delle sue opere staccate dal cemento e
trasportate su tela con una tecnica molto innovativa. La protesta di Blu è
stata tempestiva e irruenta: dopo aver cancellato con vernice gialla molte delle
sue opere dai muri della città, ha organizzato con altri streetartist una
contromanifestazione con la costruzione di un “megamuro” dove insie-me hanno
dipinto Murales e graffiti.
In
questa circostanza si sono contrapposte due concezioni di Arte, quella di Blu e
quella degli organizzatori della mostra.
Per
Blu l’arte è conflitto, proposta, messaggio sociale, quindi una forma di espressione
libera che non può assolutamente essere ristretta nella galleria di un museo ma
deve continuare a restare nel medesimo ambito dove è stata concepita.
Per
contro, gli organizzatori della mostra, rifacendosi ad un concetto di arte
intesa come estetica e oggetto di pura contemplazione, hanno sostenuto che la
protesta di Blu non aveva ragione d‘essere dal momento che la street art è
ormai da tempo una forma di arte riconosciuta e accolta in musei e gallerie
d’arte. Essi erano dell’avviso che se le opere di street art fossero esposte in un museo,
verrebbero da ciò valorizzate perché inserite in un contesto culturale più adeguato,
inoltre, se custodite in ambiente idoneo alla loro conservazione, verrebbero ad
essere preservate da un sicuro deterioramento derivante, così come accade, per l’esposizione
alle intemperie su pareti di edifici destinati prima o poi ad essere demoliti.
Le due immagini sono tratte dalle
cronache giornalistiche
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