Sulmona
sorge nella magnifica conca della Valle Peligna. E’ una delle più vivaci e
gradevoli cittadine abruzzesi, notevole per i suoi edifici monumentali e per un
importante tessuto urbano di rilevante interesse artistico e ambientale.
E’ patria di Publio
Ovidio Nasone, grande poeta latino delle Metamorfosi, contemporaneo di Orazio e
Virgilio, che cantò nei Carmi le sue origini "Sulmo mihi patria est" (1) da cui l'acronimo SMPE
posto nello stemma della città e su molti dei suoi monumenti tra i più
antichi.
Tra le tante Chiese e
monumenti, quello che ha colpito particolarmente il mio interesse è stato l’Acquedotto.
Costituito da una
magnifica sfilata di 21 arcate con arco a tutto sesto, attraversa gran parte del
centro storico. Fu voluto dall’imperatore Federico II per portare
l’acqua in città e venne terminato nel 1256; la data è riportata sul pilone
terminale dove si apre una bellissima fontana la cui acqua offre ristoro nella
calura estiva.
L’Acquedotto delimita su un fronte
la grande piazza Garibaldi che ha come sfondo, come in una scenografia teatrale, l’imponente montagna del Morrone.
Sulmona è conosciuta
come la Città dei confetti. L'origine della loro caratteristica lavorazione si
perde nella notte dei tempi. Presso la storica fabbrica di Pelino, che ha punti
di vendita ad ogni angolo della città, è visitabile il Museo dell’Arte e della
tecnologia confettiera con annesso un laboratorio settecentesco dove sono
esposti antichi strumenti e macchinari, necessari per la lavorazione dei
confetti. Questi vengono presentati in fantasiose composizioni che, esposte
nelle vetrine dei negozi, arricchiscono con i loro colori il già ricco e
piacevole paesaggio urbano.
A pochi chilometri
dalla piacevole Sulmona, percorrendo la strada statale n. 17, si incontra il
pittoresco borgo di Pettorano
sul Gizio.
L’imponente castello
Cantelmo, la possente cinta muraria, la struttura urbanistica del paese,
caratterizzata da piazzette, angusti vicoli e ripide scalette che conducono a
valle, svelano l’origine medioevale del borgo che, nel XVII secolo, visse e
subì le lotte fra Svevi e Angioini fino all'avvento dei Cantelmo, potente famiglia abruzzese, che possedette
per secoli tale importante feudo; la sua ricchezza derivava dalla presenza del fiume Gizio che forniva
(e fornisce tuttora) la Valle Peligna di abbondante
acqua potabile e dei numerosi opifici
e mulini che utilizzavano la forza dell'acqua per far muovere turbine,
macine, frantoi e filande.
Oggi nella valle ha
sede un museo dedicato all’acqua nelle sue molteplici forme ed usi, un parco di
Archeologia Industriale, un laboratorio multidisciplinare a cielo aperto che
custodisce gli opifici ben restaurati in un ambiente suggestivo dal punto di
vista naturalistico e culturale. I sentieri, che si snodano a fianco dei canali che
convogliano le acque ai mulini, diventano altrettanti percorsi didattici con
strutture informative e didascaliche che illustrano la storia e la natura del luogo.
Nel parco si alternano aree
di sosta e ricreazione, tra lo scintillio delle acque fluviali e romantici
ponticelli, e spazi destinati ad attività culturali, rappresentazioni teatrali e
concerti.
Nel corso del breve periodo di visita a Sulmona, ho avuto modo di gustare ed apprezzare la
cucina abruzzese, legata alle tradizioni gastronomiche e caratterizzata da
sapori forti, robusti e molto speziati.
I famosi maccheroni alla chitarra,
conditi con diversi e particolari sughi, gli arrosti e le carni alla
brace tra cui gli arrosticini, vengono serviti dai ristoranti locali annaffiati dal Montepulciano d´Abruzzo, ritenuto uno
dei vini più conosciuti d´Italia.
Note
(1)
Note
(1)
La frase è riportata da Ovidio, nell'opera
Tristia, Libro III, Elegia X, vv. 3-4.
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