La fabbrica della neve business dimenticato
Le neviere, in epoche in cui non esistevano frigoriferi, rappresentavano l'unica possibilità di ottenere, nei periodi caldi, bevande o cibi freddi o di poter refrigerare e quindi conservare più a lungo cibi deperibili. Le neviere hanno assunto varie forme e tipologie in funzione della zona geografica in cui si trovano e a seconda delle necessità locali. In talune zone dell'Appennino le neviere sono delle semplici buche nel terreno, pressoché circolari, con diametro di 5- 10 m . e profonde altrettanto. In altre zone, specie nell'arco alpino ma anche in molte zone appenniniche sono delle vere e proprie costruzioni in muratura, con tetto a due o a quattro falde, senza finestre ma con porta di accesso. Durante l'inverno venivano riempite con neve fresca, trasportata con carriole o con cesti a mano, la neve, se si desiderava ottenere ghiaccio, era pressata con i piedi, come si fa con l'uva durante la vendemmia, oppure con mazzuole artigianali in legno.
Spesso si facevano, se la profondità della neviera lo permetteva, più strati di neve intervallati da strati di frasche e foglie secche, che avevano funzioni isolanti. Questo sistema consentiva di mantenere freddo lo strato più profondo anche quando si estraeva la neve o ghiaccio dagli strati più superficiali.
Per il trasporto nei luoghi di utilizzo del ghiaccio si usavano vari sistemi, talvolta muli, altre volte, quando le vie lo consentivano, slitte o carrettini. Oggi delle neviere, abbandonate a se stesse e non più riconducibili a nuovi usi, rimangono solo tracce. Quelle scavate direttamente nel terreno sono state ricoperte dai detriti trascinati dello scorrere delle acque superficiali, di quelle in muratura rimangono talvolta ruderi irriconoscibili.
Non sono passati nemmeno un palo di secoli. E di tutta quella storia non rimangono che pochi, labili indizi: qualche buca nascosta tra i dirupi...un pozzo dimenticato in fondo alla cantina di un convento odi un palazzo nobiliare.., una Madonna declassata... un paio di evocazioni nascoste nelle pieghe della toponomastica: Via della Neve.
Ogni paese, ogni città ha ed ha avuto le sue vie della neve su cui viaggiavano le lunghe carovane di barrozze, i carri a due ruote, trainati da una coppia di buoi. Ogni carico si aggirava sui 750 chili e, per limitare lo “squaglio”, veniva trasferito di notte; godendo, in base a un codice stradale che dava grande importanza a un bene di consumo primario, di uno special diritto di precedenza.
Di quell’epoca davvero non si ricorda nessuno. Il mondo delle neviere finisce con l’invenzione delle macchine frigorifere. Nella Capitale la prima fabbrica apre poco dopo la fine dello Stato della Chiesa. Il ghiaccio industriale è opaco; all’inizio viene guardato con un certo sospetto. Ma non c’è battaglia. Una macchina produce cinquecento chili di ghiaccio in un’ora. E poi i produttori, precorrendo i tempi, si fanno anche la pubblicità sui giornali: «Durissimo, purissimo». Per la neve è arrivata davvero la fine della storia.
Elementi tratti da http://www.roccamonfina.org/foto_neviere.htm, con alcuni riferimenti da Luca Villoresi – La Repubblica 5 agosto 2007.
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